I
monaci Basiliani nel feudo dei Fani
Quando
nel 727 l'Imperatore bizantino Leone III Isaurico ordinò che in tutte le
province dell'Impero d'Oriente fossero rimosse e distrutte le immagini
sacre e le icone, ebbe inizio la guerra iconoclasta.
Per sfuggire ai
massacri, migliaia di monaci abbandonarono le province orientali
dell'Impero e si trasferirono nelle regioni meridionali dell'Italia e nel
Salento, rifugiandosi nelle campagne.
I
monaci furono promotori di una rinascita sociale ed economica, in quanto i
non si dedicarono solo alla preghiera e all'ascesi, ma anche al lavoro dei
campi e alla produzione del vino e dell'olio.
I
monaci Basiliani giunsero anche Salve e si stabilirono nel territorio dei
Fani dove diedero vita ad una comunità religiosa organizzata secondo le
regole di San Basilio da Cesarea (nell'icona
a destra).
|
|
Ancora
oggi, lungo il costone orientale del Canale dei Fani, si possono ammirare
le loro cripte, una delle quali affrescata con immagini sacre, dove i monaci si riunivano
in preghiera.
Aldo Simone descriveva così
una delle cripte: "Lunga circa tre metri, alta due ed altrettanto
larga, su una parete della quale si intravedono ancora alcune figure di
santi dalla testa aureolata".
La
Cripta Basiliana affrescata
E' situata a circa 150 metri
dalla Masseria, lungo il dorsale orientale del Canale. Ha una pianta
allungata articolata in due ambienti.
Sulla parete posta a destra
dell'ingresso si osservano ancora i resti della decorazione pittorica ad
affresco, miracolosamente conservatasi nonostante le condizioni di
avanzato degrado in cui versa il monumento.
L'ingresso
della Cripta
(Foto
Serafino) |
Le
immagini dei Santi
(Foto
Serafino) |
Si riconoscono otto personaggi
nimbati. Tra tutti l'unico identificabile è San Pantaleone, il cui volto
è riconoscibile nonostante la parziale caduta d'intonaco che coinvolge la
zona del naso, della bocca e dell'attaccamento del collo. Il Santo indossa
un corto mantello rosso che copre le spalle ed un abito blu arricchito ai
lati e sull'orlo inferiore da una bordura ocra (4).
Sempre ai Fani ma in contrada
"Cherubini" sono invece presenti le "Laure", ossia le
grotte dove abitavano i monaci. In una di queste c'è una croce scolpita
nella roccia con una àncora all'estremo inferiore, simbolo del saluto
cristiano dei monaci d'Oriente: la croce della salvezza (5).
La
Masseria dei Fani
La
masseria dei Fani sorge in cima al versante orientale del Canale, a
brevissima distanza dal sito archeologico della “Chiusa”. Domina
l’intera zona e offre una vista panoramica per tutta l’area
circostante.
I
fabbricati della masseria sono molto antichi e sono stati
ripetutamente rimaneggiati.
La
torre invece, fu edificata nel 1577 dalla famiglia
Gonzaga di Mantova, Conti
di Alessano.
Nella
foto: alcuni fabbricati e la torre (Foto
Serafino) |
|
SalveWeb.com è il Portale
dedicato alle Aziende Partner
Strutture
Ricettive, Alberghi, Agriturismo,
Camping, Case Vacanza, Hotel, Affitti, Spiagge e Stabilimenti Balneari,
Appartamenti, Villaggi, Bed & Breakfast, Piscine, Ristoranti, Bar,
Noleggio Auto e Barche, Prodotti Tipici, Servizi e Trasporti, Attività
Commerciali,
Artigiani ed Aziende del Salento partner del
progetto sportivo giovanile della Scuola di Pallavolo.
La
"Grotta delle Fate"
Nel
territorio dei “Fani” sono presenti alcuni fenomeni carsici quali
inghiottitoi e grotte.
Il
più conosciuto è senza dubbio l’inghiottitoio noto col nome di
“Grotta delle Fate” che è stato esplorato nei primi anni ’60 a cura
del Gruppo Speleologico Salentino “Pasquale
De Lorentiis” di Maglie.
Ubicato a
30m sul livello del mare, l’inghiottitoio fa parte di un sistema carsico
sotterraneo che è interessato da un modesto insieme di ambienti
intercomunicanti molto intricati e pericolosi a causa di fenomeni franosi.
In
particolare la prima sala, di circa 20 metri di diametro e di forma
ovoidale, ha il pavimento integralmente coperto da massi franati dalla
volta. Qui le formazioni stalattitiche sono di scarsa entità.
A
sud-est parte un breve cunicolo interrotto da una frana. Sulle pareti è
presente qualche graffito.
Un
secondo stretto cunicolo per direzione nord-ovest immette in una seconda
sala, anche questa di forma ovoidale e coperta da frana, avente un
diametro di circa 15 metri.
Un
salto di circa tre metri porta in un corridoio che è stato esplorato solo
per circa settanta metri (6).
|
|
La
Grotta ed i rifiuti...
Per
molti anni, purtroppo, la Grotta delle Fate è stata utilizzata da alcuni
irresponsabili come una vera e propria discarica. All'interno
dell'inghiottitoio sono stati scaricati rifiuti e materiale vario; le
varie amministrazioni locali, nel corso degli anni, non sono mai riuscite a bloccare
definitivamente questo vergognoso fenomeno.
L'immagine
della grotta riportata in questa pagina è stata realizzata nel
gennaio del 2001; la
sovrapposizione della Fata ha lo scopo di nascondere alcuni rifiuti presenti
in quel periodo nella cavità. (Foto
R. Negro)
|
La
Grotta delle Fate tra storia e leggenda
Nell'interpretazione
dei ragazzi della Scuola Elementare di Salve
Sulla
grotta delle Fate sono state tramandate diverse leggende; fra
queste quella delle "Fate" è la
più antica delle leggende salentine. E' stata raccolta dal Tasselli in
“Antichità di Leuca”.
I
testi e le immagini proposti
di seguito sono tratti dal lavoro "Salve Turista" realizzato
dai ragazzi della Scuola Elementare di Salve nell'anno scolastico
1998/99.
La
leggenda delle Fate
Era notte.
Alcuni contadini, dormienti nei campi, furono svegliati all'improvviso da un corteo
di leggiadre fanciulle danzanti e di orrendi esseri che suonavano
una dolce melodia di flauti.
Con loro meraviglia il corteo scomparve in una
voragine del vicino canale.
L'indomani i contadini, dopo aver cercato
inutilmente nella grotta le
misteriose fate, riferirono l'accaduto in paese e da allora tutti
ebbero paura di avvicinarsi all'oscuro antro.
A lungo fantasticarono sulla magica visione e
cercarono di identificare con ninfe e creature dei boschi le
enigmatiche fate.
|
|
La leggenda
del Trappeto d'oro
Un giorno un giovane pastore, Nicolino, per
cercare le pecore smarrite, si avventurò nella grotta.
Seguendo l'abbaiare del suo cane, Nicolino scoprì
in fondo ad un cunicolo un'altra grotta, al cui centro c'era una
massiccia macina di pietra con nella vasca sassolini d'oro al
posto delle olive.
All'improvviso la macina cominciò a girare da
sola, come per magia, e a macinare oro.
Nicolino, spaventato e stupefatto, corse in paese
ad avvisare i compaesani, i quali si affrettarono verso la grotta
per accaparrarsi la ricchezza.
Ma una volta entrati nella grotta favolosa e
toccata la polvere d'oro, la macina si fermò e il frantoio in un
istante diventò un vecchio e impolverato rudere.
|
|
Nella rabbia generale qualcuno scoprì sulla
macina una scritta che diceva: "Pòppiti ca avutru nù ssiti, stati 'ntre
l'oru e no lu canuscìti".
Così capirono che era inutile cercare ricchezze
irraggiungibili e vane, perchè il vero oro era quello donato
dalla loro terra: il prezioso olio delle nostre copiose olive.
|
NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1)
Cesare Daquino, Annu Novu Salve Vecchiu ediz. 2000, pag. 8
(2)
Marcello Fersini, Annu Novu Salve Vecchiu ediz.
1995, pag. 14
(3)
J. P. Descoeudes, E. Robinson, La Chiusa alla Masseria del Fano, pag. 87
(4)
N. Sammarco, Insediamenti rupestri nel capo di Leuca, pag. 29
(5)
Aldo Simone, Salve Storia e Leggende, pag. 52
(6)
Antonio Piccinno, Annu Novu
Salve Vecchiu ediz. 1990, pag. 21
|